La Storia di Lodovico Scarfiotti
Nato a Torino il 18 ottobre 1933, è praticamente vissuto sempre nelle Marche, dove si è presto trasferito a Potenza Picena per l'attività di famiglia, un cementificio situato a Porto Recanati.
Il padre, ing. Luigi, era stato pilota di buona carriera, con cinque Mille Miglia disputate alla guida di Lancia ed Alfa Romeo, con un terzo assoluto nel '32 dietro Borzacchini e Trossi, oltre ad essere stato deputato del Parlamento Italiano.
Il nonno, avvocato di nome Lodovico come lui, era stato tra i fondatori e primo Presidente della Fiat. Per il giovane Lodovico, di tal tradizione familiare, la passione per l'auto divenne...automatica. Prima gara nel 1952 al Circuito del Piceno con una Fiat 500C "Topolino", poi gradatamente da una Fiat 1100TV a una 8V Zagato, un'Osca 1100 ed un'Abarth 1000, vincendo i primi titoli nazionali Gran Turismo fino ad affermarsi nel Trofeo della Montagna.
Si affermò due volte con le Ferrari nell'Europeo della Montagna nel 1962 e nel 1966, con nel mezzo stupendi successi in circuito nelle gare sport più prestigiose come la 12 Ore di Sebring, 1000 Km del Nürburgring, 1000 Km di Monza, 12 Ore di Reims, 1000 Km di Spa, ed una memorabile 24 Ore di Le Mans vinta nel 1963 su Ferrari in coppia con Lorenzo Bandini. Nello stesso anno debuttò in F.1 alla guida di una Ferrari. La sua splendida vittoria nel G.P. d'Italia di F.1 a Monza ottenuta nel 1966 rimane tuttora per le statistiche, l'ultima di un italiano nella nostra gara di casa più importante, oltretutto su una Ferrari. Le statistiche dicono che sul gradino più alto del podio del Gran Premio d’Italia sono saliti tre vincitori per quattro gare: Nino Farina (Alfa Romeo) nel 1950, Alberto Ascari (Ferrari) nel 1951-1952, e appunto Ludovico Scarfiotti (Ferrari) nel 1966. Scarfiotti in Formula 1 accumulò dieci presenze dal 1963 al 1968, al volante di monoposto Ferrari, Eagle e Cooper.
La decisione della Ferrari di non affidargli alcuna vettura in occasione del Gran Premio d’Italia 1967 segnò un punto di non ritorno nei suoi rapporti con la Ferrari. Si presenta a Monza alla guida di una Eagle, ed insieme al contratto con la Porsche firma anche un impegno con la Cooper per una prima guida in F1. Il 26 ottobre 1967 “Auto Italiana” pubblica tre righe che hanno l’effetto di un vero fulmine a ciel sereno: “Lodovico Scarfiotti ha firmato il contratto con la Porsche, con la quale disputerà l’anno prossimo il Campionato Europeo della Montagna. Inoltre il pilota italiano sarà impegnato, sempre per la marca tedesca, nella Targa Florio, nella 1000 km di Monza e in quella di Nurburgring oltre che alla 24 Ore di Le Mans”. Nessuno se lo aspettava.
Si conclude quindi il difficile rapporto con il costruttore di Maranello, complice anche la rivalità con Lorenzo Bandini. "Bandini – è Ferrari che parla, nel suo “Piloti che gente” – vedeva in Scarfiotti tutto quello che lui, Lorenzo, non era mai riuscito ad essere. Ludovico era il ragazzo ricco, felice, che aveva trovato nella sua vita le tappe già tracciate, anche se per questo aveva voluto guadagnarsi con il rischio qualcosa di suo. Lorenzo sentiva epidermicamente questa differenza. Lo ingelosiva quell'amico che aveva affrontato la carriera agonistica con la tranquillità di trovare una strada e superare la normale routine"
La stagione del 1968, è quella che lo ha visto purtroppo spegnersi nel mese di giugno in un incidente in prova a Rossfeld in Germania, durante una gara in salita che stava affrontando alla guida di una Porsche 910 "Bergspyder".
(brani da DB 2003)
8 giugno 2018 - 8 giugno 1968 - 50 anni dalla morte
L'Automobile Club di Macerata, l'Associazione Sportiva AC Macerata e ASD Sarnano…...in pista ricordano il grande LODOVICO SCARFIOTTI, scomparso cinquanta anni fa, l'8 giugno 1968 nell'incidente avvenuto alla cronoscalata di Rossfeld in Germania, al volante di una Porsche 910, mentre stava provando il percorso del “Premio delle Alpi”, seconda prova del Campionato d’Europa della Montagna che doveva svolgersi il giorno successivo. .
-...Il giorno prima della gara è tranquillo, sicuro, in forma. Sale sulla sua Porsche 910, a otto cilindri e 270 cavalli, e percorre una prima volta il tracciato, lungo complessivamente sei chilometri, con un dislivello di 505 metri e pendenze fino al 13%. Lo imbocca una seconda volta, ma all’altezza di una stretta curva a destra, la quarta dalla partenza, al chilometro 2,4 del percorso, in un punto tra i meno pericolosi perché al termine di un quasi – rettilineo, esce di strada, rotola in una scarpata, e riporta ferite mortali. Nessuno ha assistito all’incidente, che é ricostruito solo sulla base delle tracce lasciate dalla vettura sull’asfalto. Da queste tracce si capisce che Lodovico, che viaggiava ad una velocità tra i 130 e i 140 km/h, ha frenato a fondo circa 60 metri prima della curva e non ha più alzato il piede dal pedale. Una striscia nera lasciata dalle gomme, senza accenno di sbandata, si interrompe sul ciglio della strada, nel punto in cui la Porsche è uscita come un bolide volando contro alcuni alberi che crescono una decina di metri sotto il livello stradale. Scarfiotti è proiettato fuori dalla vettura e finisce contro altre piante. Nonostante il casco, riporta ferite gravissime al capo e muore durante il trasporto in ambulanza a Berchtesgaden. L’incidente sembra incomprensibile. Perché ha frenato così a lungo, senza sterzare? Il fondo non era ancora bagnato, non vi sono segni di collisione con nulla. Gli organizzatori parlano subito di velocità eccessiva: Scarfiotti cioè non soddisfatto del tempo fatto registrare durante la prima prova, avrebbe forzato eccessivamente il ritmo non riuscendo poi a mantenere il controllo della macchina. Ma qualche giorno dopo la tragedia “Autosprint” pubblica il resoconto di una conversazione avuta da Lodovico il 4 giugno con un giornalista del quotidiano sportivo bolognese “Stadio”. Egli parla dell’ultima gara del Campionato Europeo della Montagna, in Spagna, vinta dal suo più agguerrito avversario, il tedesco Mitter. “Lo sai che in Spagna, a Montseny in prova, sia io sia Mitter ci siamo trovati con gli sterzi rotti? Pazzesco. Si sono letteralmente incrinati i tiranti. Che ti devo dire? Questa storia degli alleggerimenti a tutti i costi sta diventando una pazzia. Alleggerisci qui, alleggerisci là, è una corsa forsennata. Non lo scrivere, ma pare che abbiamo addirittura delle parti di questi organi in duralluminio. Certo che sono “piume”, ma certo che non resistono, anche se le gare in salita sono brevissime o quasi…” Quanto pubblicato diventa una testimonianza agghiacciante, un atto di accusa preciso. Ma il 10 giugno la Procura di Stato di Traunstein già conclude l’inchiesta tecnica sulle cause dell’incidente. I rottami della Porsche sono riconsegnati al costruttore, senza che siano emersi difetti tecnici della vettura. Il direttore del reparto corse della casa tedesca, Huschke von Hanstein, interviene duramente: “Le affermazioni riportate da Stadio non corrispondono a verità. I tecnici non hanno accertato alcun guasto alla vettura di Scarfiotti, che non è mai rimasta in panne”. Allora, come si spiega quello che è successo? La risposta di von Hanstein è secca e perentoria: “Lodovico ha sbagliato. Si sentiva forse troppo in forma, troppo sicuro, ed è andato troppo forte”. E l’incidente è chiuso. -
Donatella Biffignandi - Centro di Documentazione del Museo Nazionale dell’Automobile di Torino
Lo ricorderemo naturalmente nel weekend del Trofeo Scarfiotti/Sarnano-Sassotetto (3-5 agosto 2018), appuntamento valido per il Campionato Italiano della Montagna e per il Campionato Italiano Velocità Salita Autostoriche.